venerdì 13 aprile 2012

LE INIZIATIVE DEI RADICALI PER L'AMNISTIA


 Rita  Bernardini
                                                                

CARCERI, BERNARDINI: OLTRE 1500 LE ADESIONI ALLA MARCIA DEL 25 APRILE, TRA I PROMOTORI CGIL, CISL E UGL


venerdì 13 aprile 2012

Le carceri, finalmente dopo anni, cominciano ad avere un piccolo spazio nella cronaca dei giornali e delle televisioni. Eppure non basta. L’emergenza sovraffollamento, aggravata dalla lentezza dei processi rendono i penitenziari italiani ghetti dove i detenuti vengono “parcheggiati” per anni, spesso in attesa di giudizio, e senza la garanzia dei diritti umani fondamentali. Nella speranza di cambiare le cose, di incidere sull’opinione pubblica e sulle istituzioni i Radicali scenderanno in piazza il 25 aprile, con una marcia per l’amnistia che percorrerà le vie della Capitale. E’ la seconda nella storia del movimento guidato da Marco Pannella, la prima era stata nel Natale 2005. Un appuntamento che sta ricevendo diverse adesioni, come spiega la deputata Rita Bernardini.
Sono oltre 1500 coloro che hanno già preannunciato la propria partecipazione a questo appuntamento e più di 500 quelli che, con il Partito Radicale, hanno scelto di farsi promotori della marcia che, come quella di Natale del 2005, sarà aperta da Don Antonio Mazzi insieme a Don Luigi Ciotti e Don Andrea Gallo, e che gode del sostegno di numerosi cappellani delle carceri e di altri religiosi tra cui Vescovi della Basilicata”, scrive Bernardini sul suo blog.
 ”Nel comitato promotore anche la Chiesa Valdese, rappresentata da Maria Bonafede, moderatora della Tavola Valdese, e la Coreis, Comunità religiosa islamica; le maggiori sigle sindacali come CGIL Nazionale, CISL, UGL , i sindacati di Polizia Penitenziaria UILPA e OSAPP e quello dei direttori penitenziari, Si Di Pe, la CGIA di Mestre, con Giuseppe Bortolussi e l’Unione Camere Penali“, prosegue la deputata radicale.
Sono tantissimi i rappresentanti del mondo politico che sostengono l’iniziativa,  da Giuliano Amato a Rita Levi Montalcini, arrivando  al sindaco di Milano Giuliano Pisapia, quello di Padova Flavio Zanonato e centinaia tra parlamentari e consiglieri comunali, regionali e provinciali. Tra i promotori della marcia anche molti accademici, come Giuseppe Di Federico, Margherita Hack, Fulco Lanchester, Antonio Martino e Gianfranco Pasquino; personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, giornalisti e testate come la rivista cattolica Tempi, Il Foglio e il Manifesto, e realtà tra le più importanti del’associazionismo e del volontariato, come la Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia, oltre a numerosi garanti dei diritti dei detenuti e familiari tra cui Ilaria Cucchi, Lucia Uva e Rudra Bianzino.

domenica 1 aprile 2012

"PROBATION OFFICER"

Serve un concreto controllo su quelle forme di libertà condizionata alle finalità di recupero. Spesso emerge in modo molto evidente l'abuso che molti detenuti fanno di queste agevolazioni sulla pena.
Inoltre sarebbe opportuno istituire anche in Italia la figura e la pratica del "probation officer", soggetto già esistente ed operante con successo nei paesi di cultura anglosassone, il quale è un funzionario dello Stato che ha l'esclusivo compito di seguire e controllare da vicino il percorso riabilitativo del detenuto in "probation".
___________________________



Il periodico evento di amnistie e decreti c.d. "svuota-carceri", pratica che si ripete ormai con una cadenza quasi rituale e sempre più frequente, mette in luce un dato di evidenza pressoché lapalissiana: il sistema giudiziario e quello carcerario non sono in grado di reggere la mole di lavoro loro portata dall'attività delle forze dell'ordine, nonostante che questa venga, a sua volta, da taluno considerata insufficiente; in altre parole la magistratura non è in grado di gestire con la necessaria rapidità le pendenze processuali e ciò provoca da un lato generose concessioni di libertà provvisoria e scarcerazioni per decorrenza termini per soggetti potenzialmente pericolosi, dall'altro un affollamento, ben oltre la capienza massima, delle nostre strutture detentive.Le Forze dell'Ordine, a loro volta, sono state accusate di essere numericamente eccessive se paragonate con quelle degli altri paesi.Per prima cosa i confronti andrebbero effettuati con nazioni che siano (per struttura statuale, condizioni generali, temperamento della popolazione e dimensioni) abbastanza similari al nostro, come ad es. Francia e Spagna e si può a questo punto notare come la sommatoria Polizia+Carabinieri+circa quel 20% della G.di F. che si occupa di indagini giudiziarie, superi più o meno di circa il 10% l'addizione Gendarmerie Nazionale + Police Nazionale nei cugini d'oltralpe, analogamente potendosi dire per la Spagna data anche, in quest'ultimo caso, la differenza di popolazione. Consideriamo inoltre anche che i predetti due paesi dispongono, come tutti gli altri ed analogamente al nostro, di strutture di polizia fiscale, di sorveglianza carceraria, di polizia di confine (in Germania quest'ultima fornisce il personale delle c.d. "teste di cuoio") e di gendarmeria campestre, oltre che di polizia locale, dati che generalmente, nel computo di questo genere di statistiche-raffronto, vengono conteggiati solo a svantaggio del nostro paese ignorandoli invece per l'estero.Per cui si è del parere che la polemica sul presunto eccesso di forze di polizia in Italia sia sostanzialmente infondata, dal momento che la sopra menzionata maggiore percentuale di effettivi penso possa essere pienamente giustificata dalla circostanza che sul nostro territorio (a differenza degli altri paesi) sono storicamente presenti e radicate ben quattro organizzazioni criminali, che contano decine di migliaia di affiliati, rendendo quindi necessaria, per le forze dell'ordine, l'esigenza basilare di una consolidata superiorità numerica. Consideriamo infine come nei predetti paesi esteri sia molto più sviluppato, rispetto al nostro, l'istituto delle polizie private (300.000 addetti in Inghilterra e più di 4.000.000 negli U.S.A., a fronte di meno di 100.000 da noi), situazione che comunque genera un maggiore costo economico per quelle comunità nazionali.Aggirando quindi lo spinoso problema della riforma giudiziaria e dando per scontata l'opportunità di un potenziamento dell'apparato detentivo, mi soffermerei piuttosto sul problema della certezza della pena e sull'esigenza di un effettiva esecuzione di questa, pur senza rinunciare alle possibilità di redenzione del detenuto costituzionalmente previste, riducendo quindi l'eccessiva generosità della nota legge Gozzini, con l'attuazione di quegli standards detentivi minimi vigenti negli altri paesi e, soprattutto, con l'esercizio di un concreto controllo su quelle forme di libertà condizionata alle finalità di recupero. Spesso infatti emerge in modo molto evidente l'abuso che molti detenuti fanno di queste agevolazioni sulla pena finalizzate al loro reinserimento sociale che vigono anche in altre nazioni, ma che in Italia, ferma restando l'attività svolta in merito dagli operatori sociali,non sono soggetti a particolari controlli,al di là di quelli affidati agli operatori sociali per la parte di competenza,se non a quello generico delle forze dell'ordine che, dati i sovrabbondanti impegni di queste, non può che essere saltuario. In ogni eclatante occasione di questi abusi si assiste invariabilmente alla polemica tra accusatori e sostenitori di tale sistema, sostenendo apertamente i primi l'inutilità e la pericolosità di questo e rivendicando i secondi asseriti maggiori ma meno clamorosi benefici dello stesso, nell'ottica per cui "fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce" (ma la foresta che cresce si dovrebbe almeno vedere).Per ovviare a questi aspetti negativi ritengo che sarebbe opportuno istituire anche in Italia la figura e la pratica del "probation officer", soggetto già esistente ed operante con successo nei paesi di cultura anglosassone, il quale è un funzionario dello Stato che ha l'esclusivo compito di seguire e controllare da vicino il percorso riabilitativo del detenuto in "probation" (ovviamente ognuno di costoro segue più elementi in prova), intervenendo e denunciando abusi o violazioni delle normative generiche o specifiche relative all'agevolazione concessa. Nel nostro Paese sarebbe opportuno che gli incaricati di tali servizi venissero tratti dai ranghi della Polizia Penitenziaria o delle altre forze dell'ordine, dato l'implicito onere di doversi esporre ad eventuali minacce provenienti dai soggetti controllati, requisito che non è istituzionalmente possibile pretendere dal normale impiegato.
Di Giaguaro - Affari Italiani